Un Presidente nuovo di zecca

Cose che vorrei non dimenticare.

Sono riusciti a sdoganare il presidenzialismo. Che ne parlasse la destra, era ovvio. Che ne parli uno del PD, un po’ meno. Il no al presidenzialismo era rimasta una delle poche certezze.

In effetti abbiamo contribuito un po’ tutti, in questi giorni, a sdoganarlo, con il nostro tifo. Mi fa venire in mente il lontano e mai obliato referendum sulla preferenza unica, in cui votammo tutti contro Craxi senza stare tanto a sottilizzare sul contenuto del contendere, e invece era importante: non si possono utilizzare le questioni istituzionali come un grimaldello.

Le larghe intese (eufemismo per “inciucio”) sono diventate da schifezza della kasta e salvezza della patria. Non si può andare tanto per il sottile quando il paese sta per tracimare. Ma allora tanto valeva votare Marini.

La faccia di Bersani e quella di Berlusconi oggi pomeriggio. Il sorriso a 72 denti del secondo, la disperazione del primo. Bersani, con tutti gli errori che sicuramente ha fatto, non se lo meritava. Credo che per chi lo ha affossato non abbiano contato tanto gli errori quanto l’imperdonabile peccato di allearsi con la sinistra.

Civati. La vera scoperta di questo periodo buio. Civati è sulla scena politica da molti anni, ma in questa occasione è stato un riferimento per molti di noi. Il suo dire le cose in modo calmo e deciso. La pacatezza e la determinazione. Le proprie idee che non cambiano ogni minuto. Ecco, questo me lo voglio ricordare.

Non ci sono altre possibilità

Schermaglie del dopo cena, pigiami, bagno, cartella.
“Ti voglio bene, tesoro”
Sbadigli. “Anch’io, mamma, te ne voglio”.
Quasi distratta “E me ne vorrai ancora fra qualche anno, quando sarai adolescente, come i miei terribili allievi di quest’anno?”
“C’è qualche possibilità”

Sono secoli che non scrivo in questo spazio.

Ci scrivo oggi perché voglio ricordare questo giorno.
Oggi mia figlia si è svelata irrimediabilmente grande.

D’ora in poi, la rincorrerò.

Un finocchio a cena per il signor B.

Anche questo blog negletto aderisce ovviamente all’iniziativa Metti un finocchio a cena… – Buon appetito Mr. B.! – Blogger contro l’omofobia!
Metti un finocchio a cena

Ma anche

da Madama Bavareisa

Aderisce perché in realtà sarebbe stato questo blog a doverla lanciare, quello in cui si parla delle cose serie, si fa per dire ovviamente.

Anche se mi è sembrato molto positivo che tutto sia accaduto nell’ambito dei blog di cucina, che rappresentano uno spaccato di società molto composito e variegato. L’adesione è stata massiccia, malgrado i tempi strettissimi richiesti per partecipare, e questo mi ha convinto una volta di più che la misura sia veramente colma, e che basti poco per scatenare una marea.

Io penso che sia il momento di agire, e non quello di stare a guardare. Ognuno secondo le proprie possibilità, lanciando un’iniziativa sui food-blog, partecipando alle cene delle Fabbriche di Nichi, e soprattutto parlando. Parlando con i colleghi, i vicini di casa, le mamme della scuola. Parlando e dimostrando che non si è tutti uguali, che c’è chi si impegna per rendere questa società migliore e chi governa il paese come un satrapo mediorientale ai tempi del basso Impero.

Torno a cucinare 🙂

L’oroscopo del libero arbitrio

Adoro l’oroscopo di Brezny, l’oroscopo del libero arbitrio, come lo definisce lo stesso autore.

Credo amarlo sia cosa un po’ progressista e di sinistra, una specie di crisma di riconoscimento fra certe persone. E questo mi innervosirebbe un po’, perché è tutta la vita che lotto contro potenziali derive radical-chic. Lotto strenuamente, con atti e con parole, con vestiti, con scelte di vita. Però a volte si deve cedere. Se è radical-chic, che sia. A Brezny non rinuncio. Soprattutto questa settimana.

Il pittore spagnolo Francisco Goya intitolò una delle sue acqueforti El sueño de la razón produce monstruos, che può essere tradotto in due modi: “Il sonno della ragione genera mostri” o “Il sogno della ragione genera mostri”. La prima traduzione fa pensare che se mettiamo a dormire la nostra ragione, rischiamo di fare qualcosa di folle. La seconda implica che se ci affidiamo troppo alla nostra ragione, quella diventa così arrogante da sottovalutare le emozioni e distorcere la fantasia. In questo momento, Gemelli, sei più propenso a fare la prima cosa ma è importante che tu faccia attenzione a entrambe. Puoi uscire dal tuo stato di sofferenza solo se usi la ragione nella giusta misura: non troppo né troppo poco.

Questo me lo devo scrivere sul muro di fronte al letto.

Ipazia, per tutte noi

Agorà. Un film che parla dei tempi nostri, anche se è ambientato nel 391 d.C.

Ipazia.

Una studiosa. Una filosofa. Un’astronoma.

Una donna.

Libera.

Una coerenza e un coraggio che l’hanno portata alla morte, e l’ha fatto in tempi bui, quando tutto sembrava perduto, quando le ombre lunghe dell’oscurantismo e del fanatismo religioso stavano per offuscare nove secoli di logos.

Una donna che non sottostà all’asservimento di genere non può che diventare strega e puttana. Come è successo sempre nella storia. Come succede anche adesso.

Una donna che sa rivendicare la propria identità femminile attraverso l’immagine più forte dell’essere donna, il sangue mestruale, e lo trasforma in un simbolo di libertà e di liberazione. Di empowerment, si direbbe oggi.

Le uniche armi di Ipazia, la parola e il pensiero critico.

C’è molto da imparare da Ipazia.

C’è da farlo vedere nelle scuole, soprattutto. Alle ragazze di oggi, che riescono a scuola ma non nella vita, che non vincono le gare di tiro con l’arco.

Nell’attesa di vederlo, guardatevi il trailer

Empowerpoment e il tiro con l’arco

Metti che in una gita con 21 scodinzolanti cani e la collega (ex)stronza venga organizzata una gara di tiro con l’arco.

Metti che una delle poche fanciulle presenti, per di più marocchina, stacchi, nella prima manche della gara, tutti i compagni per più di cento punti.

Metti che nell’ultima manche si faccia prendere dall’emozione, e sbagli un tiro su tre e gli altri due li faccia senza infamia e senza lode.

Metti che nella classifica finale risulti quarta, e non riesca a prendere nemmeno il bronzo. Manco a dirlo sul podio finale erano tutti maschi.

L’ho vista, fra la prima e la seconda manche, la faccia tesa, mangiarsi le unghie mentre tutti gli altri ridevano e scherzavano. Per lei quella gara aveva un senso. Ci ha riposto delle aspettative.  Le aspettative l’hanno fregata.Il peso del soffitto di cristallo è stato troppo forte da sostenere, per quelle spalle di giovane donna.

Così come la leggerezza ha fatto vincere i maschi, quella leggerezza di chi sa di essere dalla parte del più forte, di chi si può permettere di prendere in giro i compagni che si comportano da donnicciuole. Il ragazzo che ha vinto è un ragazzo delizioso, attento, sensibile, gioioso. Niente contro di lui.

Quello che mi fa soffrire è il vedere quanta strada ancora resta da fare, a questa umanità di donne e uomini, perché davvero sia da ognuno secondo le proprie possibilità, ad ognuno secondo i propri bisogni.

Come insegnante le vedo sempre un passo indietro, le mie piccole splendide donne, e voglio aiutarle a fare cento passi avanti.

Come madre so di dare spesso segnali in senso opposto, e che i condizionamenti sono fortissimi, anche per una come me che crede di sapere.

Come donna so quanto nella vita ho pagato, e perso, per colpa di quel maledetto soffitto di cristallo, quello fuori di noi e soprattutto quello dentro di noi. Quello delle aspettative, delle unghie mangiate, del senso di responsabilità verso i figli, quelli che ci sono e quelli che verranno.

Colleghe

Alla nuova scuola ho una collega stronza.

Mi dispiace perché porta lo straccetto di laicità (per maggiori informazioni, qui), perché ha attaccato sul suo cassetto un adesivo contro il maestro unico, perché sembra brava e competente. Ma purtroppo questi inequivocabili pregi non intaccano nemmeno minimamente il suo essere stronza.

Che si esplica in un atteggiamento supponente e altezzoso, nella fretta nel rispondere quasi non avesse voglia di perdere tempo con me, nelle risposte acide e aggressive di fronte a qualunque tentativo di socializzazione da parte mia, che pure non posso fare a meno di parlare con lei visto che è coordinatrice in una delle mie classi, nell’immancabile “Quando ci sono io in classe non succede niente di tutto questo”. Quest’ultima poi è una di quelle frasi che mi fanno imbestialire. “Lo immagino che non succeda, sei un’insegnante con anni di esperienza sulle spalle, sarebbe grave se succedesse anche a te… ”

Certo, c’è in questa situazione, sicuramente l’inesperienza mia e il fastidio di trovarmi a 43 anni suonati, con più di dieci anni di esperienza lavorativa alle spalle (purtroppo in un altro settore…), nei cenci che ormai mi sono scomodissimi della neofita. Senza nemmeno più la fortuna del neofita, che ho consumato tutta l’anno scorso quando mi assegnarono una sede a cinquanta metri da casa (e quest’anno pago pegno, visto che la sede è a trenta chilometri da casa…).

Però c’è anche quella supponenza, purtroppo tipica della sinistra, dell’avere la verità in tasca, che porta certi soggetti, pur dotati di un’apparente solida cultura democratica, a non essere assolutamente disponibili al dialogo e allo scambio. Se non sai metterti in relazione non giudicante verso il prossimo, alla fine la verità in tasca serve a poco, perché non viene condivisa. Ecco, questa collega è un po’ così, e mi dispiace.

Invece ho un’altra collega carinissima. Anche lei di sinistra, un po’ militante, ma che milita anche i genitori anziani, i figli, e la vita quotidiana. È disponibile, comunicativa, ascolta e si mette in relazione. Seria e competente, sempre pronta ad aggiornarsi, ma senza supponenza. Mi porta articoli di didattica e la abbraccerei per questo, perché ha colto i miei bisogni e mi viene incontro in un modo lieve. Anche lei è coordinatrice in una delle mie classi. Per fortuna.

Poi ci sono quelle che hanno gettato la spugna, e lavorano scoglionate e con fatica,  in apnea dal giorno libero alla domenica. Spero di non diventare mai come loro, anche se spesso penso che potrebbe essere il mio destino.

Degli uomini parlerò un’altra volta.

Così, un post leggero per questo inizio d’anno.

Alienazione post-moderna

Non riesco a capacitarmi di come faccia, malgrado il periodo schifosissimo, nel quale ci sarebbe da incavolarsi di brutto da mane a sera, ad essere così vergognosamente disimpegnata.

Erano anni che non passavo un periodo così: non leggo i giornali, non ascolto la radio, non guardo nemmeno repubblica online.  Le cose mi passano attorno senza toccarmi.

Ha a che fare con il lavoro e con la rete. Mi distraggono.

Dovrei navigare di meno, leggere di più e soprattutto pensare di più.

Rosy Bindi sei tutte noi

L’ho incontrata una volta, alla sede della Regione Toscana a Roma, in lontane epoche di mio precariato presso enti pubblici.

Io entravo, lei usciva. Era sola. Portava una pesantissima borsa porta-documenti. Sola. Nessuna guardia del corpo, nessun portaborse. Andava spedita, come una che ha molto da fare. Salutò cordialmente la persona che era con me, un funzionario della Regione, ci scambiò due parole in modo molto normale. Mi fece una splendida impressione, una cosa di pelle.

L’ho stimata sempre più negli anni, fino a votarla alle ultime primarie.

Una donna che lavora, che si impegna nella politica, che fa le sue scelte in modo autonomo, dotata di forte senso critico. Che si vuole di più?

Delle donne della politica attuali, una delle migliori.

In tempi di veline e puttane prestate, o meglio vendute, alla politica, roba da iper-uranio.

Ecco, forse quell’essere sessista, maleducato, corruttore e piduista che la sfiga planetaria ci ha dato in sorte come presidente del consiglio non ci arriva. È questo il punto. Lui sull’iper-uranio non ci arriva. È tutta stramaledetta invidia. Se la sogna lui una come Rosy Bindi.

I mai più senza della profe: il dado

Ogni mestiere ha i suoi strumenti, il muratore la cazzuola, il contadino la vanga, il killer la pistola, il presidente del consiglio… vabbé, lasciamo perdere gli strumenti dell’attuale presidente del consiglio…

E l’insegnante, che diavolo di strumenti caratterizzano l’insegnante? Molti. In primis gesso e lavagna.

Ma quella è roba antica. E, si sa, in tempi di LIM, destinata a scomparire in breve tempo (…). Quindi bisogna inventarsi un armamentario nuovo, che stupisca, in grado di intrattenere gli allievi e quindi interessarli (mi domando sempre perché li si debba intrattenere questi benedetti allievi, ma alla fin fine è un po’ così… in epoca televisiva intendo).

E così anch’io, malgrado la scarsa esperienza, ho i miei strumenti, ecchecavoli!

dado_30Me li porto da casa perché la mia scuola, malgrado l’epoca gelminiana, spesso nemmeno le cimose ci fa avere…

Il primo di questi strumenti l’ho scoperto per caso, entrando ancor più per caso in un negozio di giochi e fantasy.

Un posto affascinante, dove vendono statuine di goblin formato tascabile, carte e giochi di ogni bene, la bacchetta (quella vera, si intende) di Harry Potter e… dadi! Ogni tipo di dadi, dai classici a 6 facce a quelli a 4, per salire su con il numero di facce. Si arriva anche a 30 facce. Un dado a 30 facce??!?!? Per quest’anno, e ancora solo per quest’anno, non ho classi con più di trenta allievi…

Il dado a 30 facce sarà mio. Così, quando interrogo, sarà la sorte a scegliere il malcapitato. Una dea bendata dall’amichevole aspetto rosa, che sembra quasi un gioco. Speriamo che mi porti fortuna…